In Italia il 50% dei detenuti presenta una malattia o un disturbo mentale: il 25% ha una dipendenza da sostanza psicoattiva

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IL XX CONGRESSO SIMSPE A MILANO – Si conclude stasera a Milano, presso l’Auditorium Testori del Palazzo Lombardia, il XX Congresso Nazionale SIMSPE, Agorà Penitenziaria 2019, intitolato “Il carcere è territorio”. Circa 200 i partecipanti, provenienti da tutta Italia. L’appuntamento, organizzato in collaborazione con Regione Lombardia e SIMIT – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, è presieduto da Roberto Ranieri, Coordinatore Sanità Penitenziaria Regione Lombardia, rappresenta un momento di confronto fra tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di sanità e di salute all’interno degli Istituti Penitenziari e che intende fornire spunti per una riflessione approfondita del fare Salute in carcere.

LE MALATTIE MENTALI NELLE CARCERI – Dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, il tema della malattia mentale in ambito detentivo è divenuto un elemento di cronaca, trasformando un problema oggettivo e che necessita comunque di una profonda riflessione di natura giuridica e legislativa, ancor prima che sanitaria ed organizzativa, in un aspetto sensazionalistico del mondo penitenziario.

“C’è tanto, troppo, disagio mentale dentro le mura – spiega Luciano Lucania – C’è l’uomo recluso, c’è la cognizione del reato, ci sono condizioni detentive troppo spesso ai limiti, ci sono tante espressioni rivendicative di istanze, anche legittime, non soddisfatte. Ma tutto ciò che non piace, dentro le mura viene medicalizzato. Quindi si chiedono i numeri, i dati. Ma continua a mancare un Osservatorio Epidemiologico nazionale. Oggi sono assicurate certamente le cure farmacologiche più aggiornate. Tuttavia manca il raccordo fra “dentro” e “fuori”, manca l’interlocuzione diretta dei Presìdi con l’Autorità Giudiziaria, manca una rete territoriale di accoglienza. Ci sono aspetti di sistema, aspetti integrati, che devono essere ripensati e ridefiniti”.

IL RAPPORTO DEL COMITATO DI BIOETICA- I DATI DEL 2019 – Secondo il rapporto del 2019 “Salute mentale e assistenza psichiatrica in carcere” del Comitato Nazionale per la Bioetica, osservando le tipologie di disturbo prevalenti sul totale dei detenuti presenti, al primo posto troviamo la dipendenza da sostanze psicoattive (23,6), disturbi nevrotici e reazioni di adattamento (17,3%), disturbi alcol correlati (5,6%). A seguire piccole percentuali per i disturbi affettivi psicotici (2,7%), disturbi della personalità e del comportamento (1,6%), disturbi depressivi non psicotici (0,9%), disturbi mentali organici senili e presenili (0,7%), disturbi da spettro schizofrenico (0,6%).

UOMINI E DONNE, DIAGNOSI DIVERSE – Analizzando le diagnosi per genere, prevale tra gli uomini la diagnosi di dipendenza da sostanze psicoattive (50, 8% degli uomini e 32,5% delle donne), e tra le donne la diagnosi di “disturbi nevrotici e reazioni di adattamento” (36,6% delle diagnosi femminili e 27,1% delle diagnosi maschili). Arrivano dopo, fra gli uomini, i “disturbi alcol correlati (9,1 % degli uomini e 6,9% delle donne), e fra le donne i disturbi affettivi psicotici (10,1% delle donne e 4,1% degli uomini), i disturbi della personalità e del comportamento (2,4% degli uomini e 3,4% delle donne), disturbi depressivi non psicotici (1,3% degli uomini e 2,8% delle donne).

“Le malattie mentali, il disagio esistenziale, la depressione, gli esiti devastanti della tossicodipendenza sulla persona – conclude Lucania – non sono misurabili come le cardiopatie e le malattie infettive, dove esiste un parametro di riferimento fra positivo e negativo e la somma delle unità consente di determinare una percentuale di prevalenza. Qui abbiamo invece, una nebulosa che in carcere avvolge tutto e tutti, nei confronti della quale oggi manca il rapporto umano, delegato burocraticamente sempre a qualcun altro”.

“L’uomo è scomparso, la sofferenza è quotidiana, il disagio è considerato quasi una condizione naturale. Il disagio, il dolore mentale la psicopatologia, sono temi molto diversi – ha sottolineato nel corso del convegno inaugurale “Musi…Care” – Musica, carcere e cura – Alessandro Albizzati, direttore Neuropsichiatria ASST Santi Paolo e Carlo Milano – Il comportamento violento sino al suicidio sono l’estrema risposta di chi non riesce ad uscire da questo pantano, ha concluso la Prof.ssa Liliana Lorettu della Società Italiana Psichiatria Forense”.

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