Coronavirus, geriatri: la soluzione non è sacrificare gli anziani

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“Non ci può essere una Rupe Tarpea, dove gli anziani saranno lasciati al loro destino”. Lo hanno detto Raffaele Antonelli Incalzi, presidente SIGG, e Filippo Fimognari, presidente SIGOT, commentando le linee guida deontologiche rese note da Siaarti, la Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva per la gestione dei casi di Covid-19 da trattare in Terapia intensiva.

“L’emergenza Covid-19 comporta un crescente ricorso a cure intensive così da far prevedere che a breve i posti letto in terapia intensiva non saranno sufficienti per curare tutti – affermano Fimognari e Antonelli Incalzi – Ecco perché ottimizzare l’impiego delle risorse in condizioni di eccezionalità è essenziale ed è una nuova sfida per l’universalità del servizio sanitario nazionale. Per questo il primo obiettivo dovrebbe essere l’espansione dell’offerta di strumenti per la ventilazione non invasiva anche nei reparti di Geriatria, Medicina Interna, di Malattie infettive e Malattie Respiratorie, dove il già diffuso ricorso alla ventilazione non invasiva rende questa soluzione certamente applicabile. Questa misura allevierebbe il carico sulle Terapie Intensive che potrebbero così dedicarsi anche a casi con particolari problematiche gestionali, non solo pazienti Covid-19”.

Qualora questa misura non fosse sufficiente e/o rapidamente applicabile, la scelta dell’ordine di priorità nelle cure intensive non potrà certo basarsi sul criterio “first come, first served”, ma neppure meramente sul criterio anagrafico. “E’ la presenza di più patologie che condiziona negativamente la prognosi e poiché questo significa mediamente vecchiaia, è ovvio che i pazienti con prognosi peggiori siano in genere più anziani. Ma anche soggetti adulti con particolare profilo di rischio possono avere poche possibilità di recupero da un’insufficienza respiratoria acuta. Pertanto, è evidente che la dolorosa selezione dell’ordine di priorità nelle cure intensive può basarsi solo su una valutazione multidimensionale, che tenga conto dello stato di salute funzionale e cognitivo precedente l’infezione” precisano Fimognari e Antonelli Incalzi.

“Anche in questo caso resta centrale il medico con il suo bagaglio di professionalità, esperienza e umanità che, insieme, gli permetteranno di formulare un piano di azione tarato sulle esigenze e possibilità del singolo caso, coinvolgendo sempre i parenti del paziente”. Pertanto, piuttosto che richiamare criteri stringenti è bene rimettersi alla valutazione multidimensionale del singolo caso, ed eventualmente multidisciplinare in situazioni ad alta complessità, nella certezza che l’accurata analisi dell’insieme dei fattori prognostici permetterà al medico di fare la scelta più appropriata ed equilibrata, ancorché sempre dolorosa”.

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