La lettera perduta di Galileo Galilei

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Un ritrovamento eccezionale, destinato a gettare nuova luce sulla figura di Galileo Galilei. Si tratta della lettera originale scritta dal genio fiorentino nel 1613 e indirizzata al discepolo e amico Benedetteo Castelli. Per lungo tempo di questo importante documento si erano perse le tracce e ora grazie al ricercatore italiano Salvatore Ricciardo è possibile fare luce su uno dei periodi più delicati della vita di Galilei.

 Una scoperta degna di una sceneggiatura cinematografica quella avvenuta qualche mese fa nella biblioteca della Royal Society che senza saperlo custodiva nei propri archivi il documento firmato in calce dallo scienziato italiano con le lettere GG. Sull’autenticità della missiva sembrano non esserci dubbi. È stata verificata dallo stesso Ricciardo insieme a Franco Giudice, docente di Storia delle rivoluzioni scientifiche e dallo storico Michele Camerota. La verifica è avvenuta confrontando  le parole impiegate nel testo con altre simili utilizzate da Galilei in documenti dell’epoca.

 Lo scalpore che ha fatto seguito alla notizia del ritrovamento, non solo nella comunità scientifica, è attribuibile al fatto che della lettera originale erano state perse le tracce, rendendo quindi difficile capire il reale atteggiamento di Galilei rispetto alle sue posizioni nei confronti della libertà scientifica. Nel documento di sette pagine lo scienziato fa infatti riferimento alla necessità di una divisione tra scienza e religione oltre a introdurre uno dei cardini del proprio pensiero. La rivoluzione compiuta da Galilei si innesta in un periodo storico in cui grandi scienziati come Copernico e Keplero proponevano una nuova visione dell’universo basata sulle evidenze della matematica e delle scienze naturali.

 La missiva reca in calce una data: 21 dicembre del 1613. Sono questi gli anni fondamentali nella vita del genio toscano visto che si batte a favore di una visione eliocentrica del sistema solare; visione che venti anni dopo si sarebbe tradotta nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo in cui viene confutato il sistema aristotelico-tolemaico in favore di quello copernicano. È il nuovo metodo scientifico che fa da puntello a tutta l’opera.

È infatti questo metodo che costituisce l’ossatura del pensiero galileiano intriso di una curiosità, quella per la natura e i suoi misteri che lo ha portato nel corso della sua vita a occuparsi di tanti e diversi problemi.

 Su richiesta del Granduca di Toscana Cosimo II scrisse un trattato sul gioco dei dadi (Sopra le scoperte dei dadi) nel quale applicava le sue conoscenze matematiche alle probabilità delle diverse combinazioni di uscita dando avvio a quella che sarebbe poi diventata la futura teoria delle probabilità. Ma il genio di Galilei si interessò anche di applicazioni più pratiche dei principi della fisica naturale e della matematica, come spesso accadeva al tempo. Alcune delle sue invenzioni più curiose riguardano un dispositivo in grado di deviare la luce delle candele, attraverso un sistema di specchi, all’interno di un edificio. Oppure un raccoglitore di pomodori meccanico, o addirittura un pettine tascabile. Non disdegnò neppure la musica, visto che grazie agli insegnamenti del padre Vincenzo divenne un abile suonatore di liuto. Per restare in ambito scientifico Galilei non fu comunque esente da qualche errore di valutazione. Dopotutto era pur sempre un essere umano. E se abbracciò con fervore la teoria eliocentrica, dall’altro prese anche qualche abbaglio. Credette infatti errata la teoria, esposta da Keplero, che la luna fosse responsabile dei moti mareali.

 Galilei resta comunque una delle figure più importanti della Rivoluzione scientifica e la scoperta della lettera da parte del ricercatore Salvatore Ricciardo potrà gettare una nuova luce su un periodo storico in cui la scienza e il metodo scientifico si stavano affermando grazie ai sacrifici e ai rischi corsi dai protagonisti di questa avventura. Tra i quali spicca proprio il nostro Galilei. Una testimonianza di eccezionale valore umano e non solo, avvenuta per caso quando il Ricciardo avrebbe dovuto essere in vacanza e invece spulciava tra gli archivi della Royal Society a caccia di informazioni sullo scienziato e il suo rapporto con il discepolo Cosimo Castelli quando inaspettatamente è diventato protagonista di questo eccezionale ritrovamento.

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