Gioco d’azzardo patologico, come uscire dalla dipendenza

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Secondo lo studio effettuato dalla Dottoressa Roberta Pacifici, Direttore del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’istituto Superiore di Sanità, pubblicato nel mese di ottobre 2018, il 36,4% degli adulti si dichiara giocatore d’azzardo, cioè ha praticato il gioco d’azzardo almeno una volta nei 12 mesi precedenti all’indagine. Gli uomini occupano una percentuale maggiore (43,7%) rispetto alle donne (29,8%) e le fasce d’età maggiormente interessate sono quelle che vanno dai 25 ai 39 anni (36,6%) e dai 40 ai 64 anni (41%). Di questi soggetti ben l’1,7% gioca esclusivamente online mentre il 3,8% gioca sia online che in luoghi fisici.

 

La tendenza del gioco online è dunque in forte e veloce espansione specialmente tra i giovani Millennials, ma non solo, soprattutto grazie alla possibilità di essere sempre connessi in qualsiasi ora del giorno ed in qualsiasi luogo. Per identificare le tipologie di giocatori d’azzardo è stato utilizzato un sistema di classificazione, Problem Gambling Severity. Le definizioni riguardanti i soggetti analizzati sono ‘Nessun problema di gioco‘, ‘Giocatore a basso rischio’, ‘Giocatore a rischio moderato‘, ‘Giocatore problematico’. Di questi i giocatori problematici sono quelli che hanno sviluppato una grave dipendenza da gioco d’azzardo o ludopatia a causa della quale assumono comportamenti dannosi per sé e per gli altri a loro vicini. La quota rilevata è del 3% pari a 1.500.000 persone, un numero non affatto trascurabile.

 

La causa di tale disturbo comportamentale è dovuta al concatenarsi di più fattori di natura biologica, psicologica e socio-ambientale ed è assodato che il gioco d’azzardo patologico ha molti aspetti in comune con altre patologie come il consumo di droghe o alcool e come tutte le dipendenze il vero problema è l’incapacità di fermarsi davanti all’impulso. È possibile infatti riconoscere i sintomi più frequenti come il forte senso di eccitazione, la possibilità di crearsi altri mondi nei quali rifugiarsi per fuggire dalla quotidianità, oltre al senso di onnipotenza che una vincita crea. La maggior parte dei giocatori problematici però non sa di essere dipendente dal gioco, piuttosto è convinto di avere la situazione sotto controllo e che continua a giocare per vincere e recuperare i soldi persi. Perché è questo il circolo vizioso che il gioco, specialmente quello delle Slot-machine, crea. Si chiama strategia del rinforzo intermittente ed è basata sulla casualità di una vincita dopo svariate perdite. Il soggetto affetto da ludopatia entra in una spirale nella quale “sfida” la macchina fino a che non vince. A quel punto prova una scossa di adrenalina e l’eccitazione c’è ne deriva costituisce la motivazione per giocare ancora.

 

Per fortuna la ludopatia è curabile affidandosi ad uno psicologo competente e specializzato. Grazie all’utilizzo del metodo cognitivo comportamentale che induce il paziente affetto da disturbo di gioco d’azzardo patologico a guardare e riconoscere il problema uscendo dall’inconsapevolezza. Il percorso porta il paziente ad analizzare i vari momenti della vita che hanno fatto sì che il gioco diventasse, da passatempo, una vera e propria ossessione. Spesso si rivela utile l’inserimento in gruppi nei quali ci si confronta e si impara a prendere la distanza dalla propria dipendenza guardando quella degli altri. Se si riconosce che un altro membro del gruppo ha un problema e poi ci si riconosce simili per determinati atteggiamenti si può realizzare quanto grave sia la propria dipendenza. È un percorso difficile e doloroso perché mette il paziente d’avanti ai propri errori e gli fa capire il motivo per il quale ha perso amicizie o peggio compagni e parenti. Per questo è importante il sostegno del gruppo e l’accordo con lo psicologo di informarlo di tutti gli stati d’animo che si provano quando si sta per cedere all’impulso. Ci vuole un duro lavoro di impegno verso sé stesso e verso gli altri e ci vuole tempo, ma poco alla volta l’impulso viene riconosciuto e controllato e questo è l’elemento chiave non solo per uscire dalla dipendenza, ma soprattutto per non caderci più.

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