#ItaliaNOogm: Anche a Reggio Calabria piazze mobilitate per informare i cittadini

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Riceviamo e pubblichiamo

In Italia si torna a parlare di OGM. Il prossimo 9 aprile, infatti, il Tar si pronuncerà sul ricorso presentato da un agricoltore friulano contro il decreto interministeriale che proibisce la semina di mais “MON810”, una coltura geneticamente modificata.

 L’accoglimento del ricorso aprirebbe la strada in tutta Italia a semine incontrollate di colture geneticamente modificate, con ripercussioni pesanti anche sul cibo che mettiamo in tavola ogni giorno e sull’economia del nostro Paese. La produzione agricola italiana di qualità, uno dei pochi settori risparmiati dalla crisi, infatti, sarebbe gravemente compromessa: un colpo durissimo per le nostre coltivazioni, le produzioni biologiche, le esportazioni e la libertà di scelta di tutti noi cittadini.

 Gli italiani si sono più volte espressi contro ed è importante che continuino a farlo anche in questi giorni. #ItaliaNOogm è quindi la parola d’ordine lanciata dalla Task Force per un’Italia Libera da Ogm, coalizione costituta da 38 associazioni e organizzazioni del mondo agricolo, ambientalista, cooperativo e dei consumatori.

 L’invito, dunque, è quello di una pacifica invasione della rete, con messaggi, foto, ricette tipiche, da postare sui principali social network (Facebook, Twitter e Instagram) accompagnati dall’hashtag #ItaliaNOogm.

 Il Circolo Legambiente di Reggio Calabria, che sarà presente con un punto di informazione presso il parcheggio del Maxi Brico (Viale Calabria) dalle ore 10.00 alle 17.00, in coincidenza con la raccolta degli oli esausti, inviterà inoltre, a partecipare al referendum nazionale:

 “Per il futuro del cibo italiano e la qualità dell’agricoltura italiana scegli tra:

ITALIA OGM – se vuoi portare a tavola alimenti transgenici

ITALIA NO OGM – se vuoi portare a tavola prodotti non Ogm, biologici, tipici e di qualità”.

 

“I cittadini – dichiara Nicoletta Palladino presidente del Circolo Legambiente di Reggio Calabria – vogliono informazione e trasparenza su temi importanti come agricoltura, Ogm, e alimentazione. Chiedono etichette chiare, complete e comprensibili per poter scegliere cosa acquistare o meno. Ma soprattutto sono consapevoli dell’importanza della tipicità per il nostro Paese e la nostra economia e non vogliono che sia messa in pericolo.” “Ma sugli Ogm – continua – ci sono interessi molto forti e il rischio è che una loro introduzione danneggi gravemente il biologico così come l’agricoltura di qualità e la tipicità.”

 “Non molti sanno, ad esempio – aggiunge Manuela Scrofani, attivista del circolo cittadino – che in Italia è vietato coltivare OGM ma non venderli. E’ però obbligatorio dichiarali in etichetta, ma solo se i cibi o gli alimenti ne contengono più dello 0,9%. Nel caso però di alimenti animali o derivati da essi, non ci sono informazioni sulla filiera di produzione e quindi sui mangimi con cui sono stati alimentati.”

 La vicenda dell’agricoltore friulano che vorrebbe coltivare il mais “Mon810” (una varietà geneticamente modificata della Monsanto, che contiene un pezzo di codice genetico del Bacillus Turingensis – BT, un batterio insetticida che se innestato sul mais consente alla pianta di emettere la sua tossina, potrebbe quindi riaprire scenari inquietanti. Non essendo infatti gli Ogm sterili, una coltura geneticamente modificata potrebbe, tramite l’azione del vento o degli insetti impollinatori (le api ad es. si spostano anche di 3km in linea d’aria) “contaminare” colture No-ogm che nel caso del biologico non potrebbero più essere definite tali. Nel caso del coltivatore friulano, ad es. il Corpo Forestale dello Stato ha accertato una contaminazione fino al 10% di piante non geneticamente modificate in prossimità del piccolo appezzamento da lui coltivato. La coesistenza tra produzioni Ogm, biologiche e convenzionali, quindi, non solo non è ammessa per legge, ma è soprattutto impraticabile perché non è in grado di tutelare la salute dei consumatori e dell’ambiente.

 L’uso di Ogm, inoltre, potrebbe dar luogo allo sviluppo di ceppi di insetti resistenti alla tossina BT e questo richiederebbe un aumento nell’uso di insetticidi e agrofarmaci. Questo perché la presenza diffusa della tossina induce una mutazione forzata (si possono incrociare e riprodurre solo individui resistenti), tanto è vero che gli stessi fornitori Ogm raccomandano agli agricoltori di mantenere fasce tampone di mais non geneticamente modificato per tentare, tramite gli incroci con insetti non resistenti, di ritardare la mutazione. Al che bisogna tornare a irrorare insetticidi e altri agrofarmaci. Peggio ancora con le varietà geneticamente modificate resistenti alle infestanti, perché anche in questo caso si inducono mutazioni nelle stesse (“superplants” le chiamano negli Usa).

In tutto questo rimane l’incognita dei possibili effetti, evidenziabili sono dopo anni o decenni di studi, sulla salute umana, ragion per cui a nostro parere, dovrebbe continuare a prevalere il principio di precauzione.

L’agricoltura che vogliamo non può che essere libera da Ogm e dovrebbe basarsi su 3 caratteristiche: qualità, tipicità e sicurezza alimentare. Queste sono le basi per il futuro del buon cibo italiano!

 Fermare gli Ogm dipende da te! Ricorda Legambiente nel suo opuscolo informativo sugli organismi geneticamente modificati. Dobbiamo continuare a chiedere che in Italia venga garantito il divieto di coltivazione di Ogm e che l’etichetta dei prodotti che acquistiamo sia sempre più trasparente così da permetterci di fare scelte consapevoli.

Occhio alla spesa! Occhio alla salute!

L’ufficio stampa del Circolo di Reggio Calabria – 393/9331428

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