Mangialavori (CdL): Inacettabile la chiusura del reparto di fribrosi cistica di Lamezia

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“In data odierna è stata inviata una lettera al Commissario alla sanità, Massimo Scura, per focalizzare l’attenzione sulla necessità del mantenimento del reparto di Fibrosi cistica operante presso l’ospedale di Lamezia Terme”.

E’ quanto rende noto il  consigliere regionale della Casa delle Libertà, Giuseppe Mangialavori.

“Attualmente, i medici operanti presso il reparto, unico su scala regionale, sono tre, tutti borsisti e un fisioterapista che però è retribuito dalla Lega italiana fibrosi cistica. A breve (3 ottobre), i contratti dei borsisti avranno termine. In mancanza di un intervento mirato, fatale sarà la regressione dell’offerta sanitaria; un dato, eventualmente, inaccettabile. La patologia – per le gravissime implicazioni mediche e umane e per l’ampia fascia delle persone affette – non può lasciare indifferenti”, sostiene Mangialavori.

“Vale la pena rimarcare, poi, il contenuto del decreto numero 2 del 26 marzo 2015 emesso dal Commissario. Esso sancisce il principio per cui alcune risorse professionali possono essere reperite in deroga alle procedure ordinarie. Unici requisiti chiesti dal decreto sono: l’infungibilità e l’insostituibilità di dette prestazioni. Tutto questo – prosegue il consigliere della CdL – al fine di assicurare i livelli essenziali di assistenza sanitaria. Tali requisiti (infungibilità e insostituibilità) sono certamente presenti nel caso di specie, per cui nulla osta ad un’acquisizione delle risorse necessarie atte a garantire la piena operatività del reparto. A ciò si aggiunga un altro dato. Il protocollo per la cura sanitaria di questa patologia è disciplinato da un’apposita legge, la numero 48/1993. Tale normativa, fra l’altro, prevede l’utilizzo di personale altamente specializzato. Pertanto, ogni ipotesi di accorpamento con altri reparti si configurerebbe sia professionalmente che giuridicamente inattuabile. Ancora una volta – conclude Giuseppe Mangialavori – è evidente che il diritto alla salute riconosciuto dall’ordinamento nazionale e internazionale, se non trova sbocco nella prassi, diventa inevitabilmente lettera morta. E se questo accade, la società arretra”.