Un disastroso Prandelli riporta a casa l’Italia. Cronaca di un fallimento annunciato

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Uruguay 1 Italia 0. Questo l’amaro esito dell’ultima partita del girone della Nazionale Italiana. Gli Azzurri ammainano la bandiera e rientrano in patria. Comincia il “Festival dell’accusa”, un evento che un Italiano doc non riesce a disertare proprio mai, figuriamoci quando si parla di calcio. Eppure le accuse rivolte al nostro caro selezionatore non sembrano affatto infondate, considerando che ha fatto di tutto per attirare su di sé le polemiche sin dal principio.

Ma andiamo a ritroso. 

È la penultima partita del campionato di serie A. Una Juventus già incoronata Regina d’Italia per la terza volta consecutiva incontra la Roma. Nel corso del match Chiellini rifila una gomitata a Miralem Pjanic: richiesta la prova tv; squalifica di tre giornate per il difensore bianconero. Mezza Italia invoca il controverso e a tratti perverso codice etico Prandelliano. Ma il ct della Nazionale dichiara: «ho visto e rivisto l’azione di Chiellini: per me non è un gesto violento. Se mi aspetto critiche per questa mia decisione? Sono quattro anni che sul codice etico ci sono polemiche». La ragione è facilmente intuibile: la sua incoerente applicazione. Chiellini è un elemento troppo importante per la rosa degli azzurri e rinunciarvi per un codice a cui non crede nemmeno il suo ideatore sarebbe una follia. Gli Italiani avrebbero apprezzato un pò sincerità. Primo passo falso del buon Prandelli.

Capitolo convocazioni. I 30 preconvocati sembrano essere un’accozzaglia di giocatori raccattati qua e là che non danno neppure la parvenza di una squadra ben costruita. Abbondanza sulla mediana, carenza in attacco, giocatori fuori ruolo. Ma in fondo a noi Italiani piace crederci. E allora iniziamo a farlo. Ma a due domande è difficile dare una risposta: 1. Chi farà parte dei 23? 2. Quale sarà il modulo? Nemmeno il ct sembra poter risolvere questi quesiti. In fondo è normale quando non si ha la minima idea di come giocare. Ed è allora che, in preda alla più totale confusione, scoppia il caso Rossi, il grande escluso. «Gli ho ripetuto per due volte che non sarebbe stato nei 23». Che senso ha preconvocare un giocatore considerato non convocabile? Un altro passo falso. Si è già capito che aria tira.

Tutti in Brasile, inizia il Mondiale. Si parte con la sfida contro l’Inghilterra: unica nota stonata  la performance di Paletta; per il resto è stata ottima la prestazione degli Azzurri che grazie ad una partita magistrale di Andrea Pirlo e di qualche altro elemento portano a casa i 3 punti. L’Italia comincia a sognare e a dare per scontato il passaggio agli ottavi. Un’euforia immediatamente arrestata dalla sconfitta contro la Costa Rica: il buon Prandelli ha ben pensato di optare per Thiago Motta (cl. 1982) dal primo minuto, lasciando riposare Marco Verratti (cl. 1992) autore di un’ottima prestazione all’esordio. Senza parlare della scelta di puntare su Mario Balotelli unica punta contro un 5-4-1 piuttosto ferreo. Ma noi continuiamo a crederci: in fondo un po’ di sofferenza ci è sempre piaciuta. E allora sotto con l’Uruguay. Ennesimo cambio di modulo in vista; Cesarino ha deciso di affidarsi ad un modulo ben collaudato: il 3-5-2 di matrice Contiana. Ora è palese: il panico ha avuto la meglio. Non un’ottima iniezione di fiducia per gli Azzurri; i repentini cambi di modulo non fanno altro che mettere in risalto la totale assenza di un’identità di gioco. La partita è monotona, il gioco poco fluido e le occasioni latitano. Fuori Balotelli a fine primo tempo, lo seguono Immobile ed uno sfinito Verratti. Entrano Parolo, Cassano ed il sempreverde Thiago Motta, che altro non è se non un’improponibile e fallimentare fissazione del tecnico. Il gol di Godìn mette il punto esclamativo sulla fine dell’avventura mondiale dell’Italia. Gli azzurri fanno i bagagli e lasciano il Brasile. 

L’unica nota lieta arriva nel post partita: le dimissioni di un ct che peccando di personalità, si è rivelato incapace ed inadatto all’incarico, con buona pace degli Italiani.

Paolo Rachele