Incarichi Ben Retribuiti ma Mai Svolti: Nuove Ombre sulla Cittadella Regionale della Calabria
Catanzaro – La Procura della Repubblica di Catanzaro ha acceso i riflettori su una nuova e inquietante ipotesi investigativa: incarichi conferiti a professionisti e consulenti, ben retribuiti con fondi pubblici, ma mai effettivamente svolti. Un sospetto che ha spinto gli inquirenti a ipotizzare il reato di peculato, dando il via a una serie di perquisizioni eseguite nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza, anche presso la Cittadella regionale, sede della Giunta della Calabria.
Al centro dell’indagine figura Antonino Daffinà, sub commissario straordinario alla depurazione, già indagato per corruzione impropria e turbativa d’asta. A lui è stato sequestrato materiale informatico ritenuto utile all’inchiesta, tra cui un cellulare e un computer.
Ma la rete delle presunte irregolarità si allarga. Tra i nomi emersi, spicca quello di Veronica Rigoni, segretaria particolare del presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto. Rigoni avrebbe ricevuto un incarico nella struttura di Daffinà, pur non avendo, secondo l’ipotesi accusatoria, svolto le relative mansioni. Per lei la Procura contesta il reato di peculato, che implica un uso illecito di denaro pubblico da parte di un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.
Nello stesso ufficio del sub commissario Daffinà avrebbero inoltre trovato spazio, in qualità di consulenti, Antonio Fortuna, giornalista, e Giulio Nicola Nardo, docente di Diritto processuale civile all’Università della Calabria. Anche questi incarichi sono finiti sotto la lente degli inquirenti, che intendono accertare se i compensi percepiti fossero giustificati da reali prestazioni lavorative.
Il quadro si complica ulteriormente con il coinvolgimento di Alfonsino Grillo, commissario straordinario del Parco delle Serre. Grillo risulta indagato per corruzione in concorso con Daffinà in un altro filone dell’indagine. A suo carico è stato emesso un decreto di sequestro e perquisizione, a conferma della gravità delle ipotesi investigative.
L’inchiesta, ancora in fase preliminare, solleva interrogativi pesanti sulla gestione delle risorse pubbliche e sulla trasparenza degli incarichi conferiti in ambienti istituzionali. Il rischio, concreto e già ipotizzato dagli inquirenti, è che la macchina pubblica regionale possa essere stata usata come veicolo di favori, compensi immotivati e clientelismi.
Ma Ora si attende l’esito degli approfondimenti da parte della Guardia di Finanza e l’eventuale sviluppo delle posizioni processuali degli indagati. La Regione Calabria, nel frattempo, osserva con preoccupazione l’evolversi di un’indagine che potrebbe avere ripercussioni non solo giudiziarie, ma anche politiche.