Tra circolari, volantini e regolamenti interni, il tema dell’abbigliamento scolastico torna a dividere presidi, associazioni e studenti.

Con l’avvio del nuovo anno scolastico torna il dibattito sull’abbigliamento in classe. A Taormina, in provincia di Messina, la dirigente di un istituto superiore ha scelto di distribuire ai ragazzi un depliant dettagliato che illustra cosa è consentito indossare e quali capi, invece, possono comportare il rimando a casa. L’obiettivo, secondo la preside, è quello di chiarire in anticipo ogni dubbio ed evitare discussioni quotidiane su gonne troppo corte, top che lasciano scoperti pancia e spalle, cappelli, cappucci, jeans strappati, unghie eccessivamente lunghe, scarpe come infradito o zeppe.

Sul tema è intervenuto anche Mario Rusconi, presidente dell’associazione nazionale presidi di Roma, che ha sottolineato: “Parlerei di vestire decente più che di dress code. La scuola è un luogo sacro, che deve avere una sua liturgia, che va rispettato. Nessuno andrebbe a un funerale o a un matrimonio vestito in modo inadeguato; allo stesso modo non si capisce perchè a scuola si dovrebbe venire vestiti da bagnini o miss spiaggia”.

Più cauto l’approccio di DirigentiScuola: il vicepresidente Roberto Mugnai ha invitato a non calare regole dall’alto ma a condividerle con studenti, famiglie e docenti, così da renderle patrimonio comune.

Di segno opposto la posizione del Codacons, che ritiene simili disposizioni un ostacolo alla libertà individuale. “Si rischia di complicare la vita, burocratizzare l’istruzione e, paradossalmente, creare incertezze e confusione, finendo per limitare pesantemente la libertà degli studenti”, sostiene l’associazione.

Un recente sondaggio di Skuola.net, condotto su un campione di circa tremila studenti, conferma quanto il tema sia sentito: tre ragazzi su dieci dichiarano di dover prestare particolare attenzione agli abiti scelti la mattina per non ricevere richiami o sanzioni, mentre oltre la metà è invitata a presentarsi con un look ritenuto adeguato. Solo uno studente su cinque dichiara di non avere vincoli sull’abbigliamento.

I divieti, secondo gli studenti, colpiscono in particolare le ragazze, cui spesso viene chiesto di evitare gonne corte, canottiere ridotte o jeans strappati. In diversi istituti sono vietati cappelli e cappucci in aula, mentre altri regolamenti parlano genericamente di abiti “sgarbati” o “distrattivi”. L’attenzione si estende anche all’aspetto estetico: vietate unghie finte o troppo lunghe, trucchi marcati, capelli dai colori accesi, accessori appariscenti o un numero eccessivo di piercing. In alcuni casi viene addirittura consigliato di raccogliere i capelli se molto lunghi.

Neppure i ragazzi sono esenti: sotto osservazione barbe troppo incolte, eccessivamente lunghe o con disegni particolari. Secondo le rilevazioni, circa un istituto su cinque include almeno una di queste prescrizioni nel regolamento interno.

Articolo precedente Rosarno, all’IC “Marvasi Vizzone” un nuovo anno tra entusiasmo e speranza
Articolo successivoFocus ‘Ndrangheta, legalità sotto i riflettori: denunce, sequestri e sanzioni