Bronzi di Riace, il mistero si infittisce: per duemila anni nascosti dagli archeotrafficanti?”

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Una ricerca multidisciplinare italiana, pubblicata sull’Italian Journal of Geosciences, suggerisce che le celebri statue non sarebbero rimaste per duemila anni nei fondali di Riace, ma in acque molto più profonde, probabilmente al largo della Sicilia.

Un nuovo studio scientifico potrebbe riscrivere la storia dei Bronzi di Riace, le due statue greche del V secolo a.C. simbolo del patrimonio archeologico italiano.
Secondo la ricerca, pubblicata sull’Italian Journal of Geosciences — rivista internazionale della Società Geologica Italiana — i Bronzi sarebbero rimasti per secoli in fondali diversi da quelli calabresi, forse al largo della costa ionica siciliana di Brucoli.

Lo studio, condotto da 15 studiosi tra geologi, archeologi, storici, paleontologi, biologi marini ed esperti di leghe metalliche provenienti da sei università (Catania, Ferrara, Cagliari, Bari, Pavia e Reggio Calabria), ha analizzato l’originaria giacitura sottomarina delle statue.
L’attenzione si è concentrata sulle patine di alterazione e sul biota marino che si è insediato nel tempo sulla superficie dei Bronzi.

Dai risultati emerge che i segni della loro presenza nei bassi fondali di Riace — a circa 8 metri di profondità — risalirebbero solo a pochi mesi prima del ritrovamento del 1972.
Invece, la presenza di serpulidi circalitorali, croste di coralligeno e patine di solfuro di rame, tipiche di ambienti scarsamente illuminati e anaerobi (tra i 70 e i 90 metri di profondità), indicherebbe una lunga permanenza in fondali molto più profondi e non compatibili con quelli di Riace.

Questi dati rafforzano la cosiddetta “ipotesi siciliana”, già avanzata negli anni ’80 dall’archeologo americano Robert Ross Holloway, secondo il quale le statue sarebbero affondate durante i trafugamenti romani da Siracusa nel 212 a.C., e poi nascoste nei pressi di Riace da archeotrafficanti in attesa di essere vendute.

“La grande novità di questa ricerca – spiegano lo studioso Anselmo Madeddu e il professor Rosolino Cirrincione dell’Università di Catania – è che, per la prima volta, un lavoro scientifico integra in un’unica proposta interpretativa nuovi dati e revisioni critiche delle evidenze già note, offrendo una lettura unitaria e coerente della storia dei Bronzi.”

Il dibattito sulle origini dei Bronzi di Riace, dunque, si riapre con nuove prove scientifiche e una prospettiva inedita: le due statue, simbolo della Magna Grecia, potrebbero aver custodito per secoli un segreto ancora più profondo, letteralmente nascosto tra i fondali del Mediterraneo.

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