Giustizia minorile, il sindaco Michele Conìa: “Serve un approccio educativo, non punitivo

21
Michele Conia

Giustizia minorile, il sindaco Michele Conìa: “Serve un approccio educativo, non punitivo”

Il primo cittadino di Cinquefrondi aderisce all’appello “Torni la cultura educativa” e chiede la revisione del Decreto Caivano e condizioni dignitose negli IPM

Il sindaco Michele Conìa: “Si riveda l’approccio punitivo della giustizia minorile che mina la speranza di futuro di ragazze e ragazzi oltre le sbarre e aderisco all’appello ‘Torni la cultura educativa’”.

“Aderisco convintamente all’appello ‘Torni la cultura educativa’ lanciato da Antigone, Defence Children International Italia e Libera”, sottoscritto da decine di associazioni e personalità, auspicando che sia rivisto l’approccio punitivo della giustizia minorile e siano promossi maggiori percorsi educativi e riabilitativi – così si esprime Michele Conìa, avvocato, sindaco di Cinquefrondi (RC) e consigliere metropolitano della città metropolitana di Reggio Calabria, delegato ai Beni Confiscati, Periferie, Politiche giovanili e Immigrazione e Politiche di pace.

“Ho firmato anche la petizione ‘Inumane e degradanti’ lanciata da Antigone e rivolta a Governo e Parlamento per denunciare le condizioni di sovraffollamento e altre situazioni di fragilità nelle carceri italiane”.

Coerentemente con i principi e le norme della “Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza” e le “Linee guida del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura di minorenne”, mi unisco all’appello dell’abolizione del Decreto Caivano e alle altre richieste: dall’assunzione di educatori, mediatori culturali e assistenti sociali, alla formazione adeguata della polizia penitenziaria basata sui principi e le norme relative ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; dalla chiusura immediata della sezione IPM nel carcere per adulti di Bologna alla costituzione di sezioni a custodia attenuata, come previsto dal D. Lgs. n. 121/2018, fino al monitoraggio della salute psico-fisica e all’adeguata presa in carico per garantire sempre il superiore interesse delle persone minorenni.

“L’approccio punitivo a cui si fa sempre più ricorso è sbagliato in generale, ma lo è ancora di più quando parliamo di minori detenuti – continua deciso Conìa da esperto di Diritto – serve invece più scuola, più lavoro, più supporto”.

Il Decreto Caivano (D.L. 123/2023), approvato nel settembre 2023, ha trasformato la giustizia minorile in senso repressivo: si fa sempre più ricorso alla custodia cautelare, ha ridotto le misure alternative e i numeri parlano chiaro.

Incrociando i dati di un recente report dei Radicali e di Nessuno Tocchi Caino si apprende che 9 IPM (Istituti Penali per Minorenni) su 17 sono in sovraffollamento, circa l’80% dei giovani è in custodia cautelare, quindi in attesa di giudizio, e la maggior parte dei reati contestati riguarda furti e rapine, non delitti gravi contro la persona. Sono spesso trasferiti più volte, da un istituto all’altro, interrompendo relazioni educative e percorsi di formazione.

I numeri sono eloquenti e inducono ad una riflessione: con l’introduzione del Decreto Caivano si è passati da 392 ragazzi reclusi nell’ottobre 2022 a 586 nel giugno 2025, una cifra simile non si raggiungeva da oltre dieci anni; nel mese di gennaio 2024 i giovani detenuti in misura cautelare erano 340 contro i 243 dell’anno precedente.

Ma oltre all’aumento delle pene e la possibilità di disporre la custodia cautelare, in particolare per i fatti di lieve entità legati alle sostanze stupefacenti, secondo le nuove disposizioni, i direttori degli IPM possono ora decidere di trasferirli nelle carceri per la popolazione adulta, con conseguenze significative sulla recidività in un contesto molto più grande e duro, che è quello del circuito detentivo per adulti.

Questa disposizione, sempre esistita, aveva prima bisogno di diversi passaggi per venire realizzata. Infatti, il sistema della giustizia minorile prevedeva che chi avesse commesso un reato da minorenne potesse rimanere in un carcere minorile fino ai 25 anni di età.

“Da giurista riconosco che la giustizia penale minorile italiana costituisce da 35 anni un modello virtuoso per l’intera Europa e per questo ritengo sia dirimente rimettere al centro il bene supremo dei ragazzi e delle ragazze che commettono un reato in una fase così cruciale del proprio percorso di crescita”.

L’analisi del contesto sociale ci pone di fronte a nuove sfide: emergenze come il disagio giovanile, l’aumento delle fragilità psicologiche, l’isolamento sociale, la povertà educativa e i fenomeni legati alla devianza minorile richiedono un impegno ancora più strutturato, attento e tempestivo.

Le disuguaglianze economiche, educative e sociali fotografate dal report “Senza filtri” della XVI edizione dell’Atlante dell’Infanzia, che si fanno più pesanti in questa fase cruciale della crescita, rischiando di compromettere il loro futuro, ci inducono ad un’attenta riflessione.

“In prima persona, anche come amministratore, avverto la necessità di colmare questi divari e garantire a tutte le adolescenti e a tutti gli adolescenti l’opportunità di studiare, fare sport, frequentare luoghi di svago e di cultura”.

Contro la povertà educativa, l’isolamento e forme di marginalità sociale, per abbattere la dispersione occorrono ascolto, tutela e promozione dei diritti dei più piccoli e dei più giovani nelle nostre comunità.

“I giovani e le giovani non sono solo il nostro futuro ma soprattutto il nostro presente. Alla volontà punitiva invito a rispondere con il fondamentale principio dell’interesse superiore del fanciullo, fatto proprio dall’art. 3 della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia del 1989 e quindi con una giustizia che crede nei ragazzi e nelle ragazze, nelle loro possibilità, nel loro futuro. Loro non sono quello che hanno commesso”.

Articolo precedente Sequestro da oltre 4,5 milioni nell’ambito di un’indagine antimafia: confiscati beni e attività economiche
Articolo successivoCalabria, arrivate le prime nevicate significative sui rilievi: fino a 15 cm sulla Sila