Eseguita un’ordinanza di custodia cautelare in carcere dalla Polizia di Stato. Sequestro preventivo disposto dal GIP su richiesta della Procura di Crotone
La Polizia di Stato di Crotone ha arrestato nella mattinata odierna un appartenente alla Polizia Penitenziaria, in servizio presso la Casa Circondariale di Crotone, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Crotone su richiesta della Procura della Repubblica.
Contestualmente è stato eseguito anche un decreto di sequestro preventivo. L’uomo è gravemente indiziato dei reati di corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio, falsità materiale e ideologica commessa da pubblico ufficiale, nonché di accesso indebito a dispositivi di comunicazione da parte di detenuti.
L’indagine durata oltre due anni
Il provvedimento restrittivo è il risultato di una complessa attività investigativa durata oltre due anni, condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Crotone e dal Servizio Centrale Operativo, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Crotone, diretta dal Procuratore Domenico Guarascio.
Le indagini hanno permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza nei confronti dell’agente penitenziario, il quale avrebbe ricevuto o fatto promettere somme di denaro da detenuti o dai loro familiari in cambio di favori illeciti.
Cellulari introdotti in carcere e segreti d’ufficio violati
Secondo quanto accertato dagli investigatori, la guardia penitenziaria avrebbe agevolato l’introduzione di telefoni cellulari e dispositivi telematici all’interno del carcere, consentendo ai detenuti di mantenere contatti con l’esterno. Inoltre, avrebbe divulgato informazioni coperte da segreto d’ufficio e falsificato atti pubblici, rendendosi disponibile a qualsiasi prestazione in violazione dei doveri d’ufficio.
Il ruolo chiave dei colloqui con i detenuti
L’attività investigativa – basata su intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, servizi di osservazione e controllo, e sul contributo di un operatore sotto copertura del Servizio Centrale Operativo – ha consentito di ricostruire il modus operandi dell’indagato.
Sfruttando il proprio incarico e in particolare le mansioni di addetto ai colloqui, l’agente sarebbe riuscito a carpire la fiducia dei detenuti, inducendoli a consegnare denaro, spesso tramite i familiari, in cambio di presunte agevolazioni detentive o di un interessamento per le loro vicende giudiziarie.
Indagini ancora in corso
L’operazione rappresenta un duro colpo a condotte che minano la legalità all’interno degli istituti penitenziari. Le indagini proseguono per verificare eventuali ulteriori responsabilità e possibili connessioni con altri soggetti.































