CINQUEFRONDI – Oltre 250 persone hanno preso parte martedì 5 agosto, nel Parco “Peppino Impastato” di Cinquefrondi, a un’iniziativa di portata storica dedicata al ricordo di Peppe Valarioti, ucciso dalla ’ndrangheta nel 1980, e alla lotta contro la criminalità organizzata nella Piana di Gioia Tauro.
Promossa dalla Fondazione Girolamo Tripodi, dall’Amministrazione Comunale di Cinquefrondi e dal progetto di Pedagogia dell’Antimafia dell’Università della Calabria, la serata ha rappresentato un forte momento di memoria civile, partecipazione e impegno sociale. Presenti cittadini, attivisti e rappresentanti delle istituzioni, tra cui il nuovo Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, Giuseppe Borrelli, alla sua prima uscita pubblica nel nuovo incarico.
Ad aprire il confronto è stato Michelangelo Tripodi, Presidente della Fondazione Girolamo Tripodi, che ha offerto una ricostruzione del contesto storico in cui maturò l’assassinio di Valarioti, insieme a quello di altri militanti e dirigenti comunisti. Ha poi ribadito la necessità di giungere alla verità processuale sulla morte del giovane segretario del PCI di Rosarno, ricordando le battaglie antimafia portate avanti da Girolamo Tripodi.
Carmela Ferro, docente e attivista, nonché compagna di lotta di Valarioti, ha definito la sua uccisione un «trauma rimosso», sottolineando la mancanza di una difesa adeguata della sua memoria e il significato politico e culturale del suo impegno.
Il Procuratore Aggiunto Stefano Musolino ha spiegato le ragioni della presenza della magistratura reggina all’evento, affermando che «non bisogna restare nei palazzi del potere ma uscire per intercettare la domanda di giustizia». Ha poi posto l’accento sull’importanza di contrastare la rassegnazione e promuovere un’educazione sociale attiva in una terra che rischia lo spopolamento. L’invito finale è stato quello a fare «scelte di speranza», recuperando orgoglio e senso di comunità.
Nel suo intervento, Giuseppe Borrelli ha condiviso le motivazioni che lo hanno portato ad accettare la guida della procura reggina, rinunciando a Bologna, per «contribuire, da meridionale, all’affrancamento del territorio calabrese dai poteri mafiosi». Ha sottolineato la necessità di rendere minoritaria la cultura mafiosa attraverso la creazione di un nuovo humus etico-sociale, in cui i cittadini siano protagonisti di una nuova stagione culturale. Le mafie, ha affermato, hanno saputo «mimetizzarsi» e penetrare il tessuto economico anche nazionale, e la sfida si gioca oggi sull’ampliamento degli spazi di cittadinanza attiva.
A chiudere la serata è stato il Sindaco di Cinquefrondi, Michele Conia, che ha parlato di «educazione alla giustizia e alla bellezza» e di una «pedagogia della Costituzione» come strumenti contro la rassegnazione e l’indifferenza. Ha ricordato il recupero dei beni comuni, come lo stesso Parco Impastato, un tempo luogo di spaccio e ora simbolo di rinascita, e il progetto educativo “100 passi da Cinquefrondi a Cinisi” rivolto agli studenti e alle famiglie. Riprendendo le parole di Calamandrei, Conia ha concluso che «la Costituzione, per avere senso politico, deve diventare corpo vivente».