Operazione Vulcano: Il broker della droga Zito Michele agli arresti domiciliari in comunità

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La Corte di Appello di Reggio Calabria, in accoglimento dell’istanza avanzata dagli avv.ti Mario Santambrogio e Guido Contestabile, ha concesso il beneficio degli arresti domiciliari all’interno di una comunità terapeutica,  a Zito Michele, da Gioia Tauro.

Zito era stato arrestato, nei primi giorni del mese di agosto 2016, unitamente ad altri 17 indagati, nel contesto dell’operazione  denominata in dice “Op. Vulcano”, ritenuti, a vario titolo, appartenere alle cosche mafiose operanti sul territorio di Gioia Tauro e dediti, in particolare, all’importazione d’ingenti quantitativi di droga provenienti dalle nazioni del sud America.

A seguito del giudizio di primo grado, Zito Michele era stato condannato alla pena di anni 20 di reclusione per i reati di associazione mafiosa e  finalizzata al traffico di stupefacenti.

Gli avv.ti Santambrogio e Contestabile,  considerato che il loro assistito risultava affetto da una serie di patologie cliniche da ritenersi incompatibili con il prosieguo della detenzione in carcere, chiedevano alla Corte di Appello di Reggio Calabria, dov’è tutt’ora pendente il processo di secondo grado, la sostituzione della misura della detenzione in carcere con quella degli arresti  domiciliari c/o la sua abitazione di Gioia Tauro o, in subordine, della detenzione c/o un luogo di ricovero idoneo ad assicurare il trattamento sanitario e le cure del caso.

Ciò con particolare riguardo agli esiti di ben due perizie d’ufficio e della relazione sanitaria del carcere che ritenevano assolutamente indispensabile la collocazione dell’imputato in una struttura esterna al circuito penitenziario, dal momento che i vari centri  clinici carcerari presso i quali Zito era stato trasferito nel corso della sua detenzione si erano rivelati inidonei alla cura delle sue patologie.

La Corte di Appello, con il parere favorevole del Procuratore Generale, ritenendo che le condizioni cliniche di Zito fossero scadute ad un livello tale da non poter escludere il rischio di vita per l’imputato, ha accolto l’istanza difensiva subordinata e, per l’effetto, ha disposto gli arresti domiciliari provvisori in una comunità ubicata sul territorio calabrese, con divieto di contatti con persone diverse dai familiari conviventi e prescrivendo alle forze dell’ordine di frequenti controlli sul rispetto delle prescrizioni disposte dagli operatori della struttura para-ospedaliera.

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