A un mese dall’inizio del processo di secondo grado, arriva un nuovo colpo di scena nella vicenda giudiziaria di Filippo Turetta, reo confesso dell’omicidio di Giulia Cecchettin e condannato all’ergastolo lo scorso anno dalla Corte d’Assise di Venezia.
In una lettera depositata alle cancellerie degli uffici giudiziari veneziani, Turetta ha annunciato di rinunciare ai motivi d’appello contro la sentenza di condanna.
Una decisione che sembra smentire la linea difensiva seguita finora dai suoi avvocati, Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, che lo scorso maggio avevano chiesto l’esclusione dell’aggravante della premeditazione e la concessione delle attenuanti generiche, invocando la collaborazione prestata agli inquirenti e l’atteggiamento processuale dell’imputato.
Contro la sentenza aveva presentato appello anche la Procura della Repubblica di Venezia, contestando il mancato riconoscimento dell’aggravante della crudeltà e dello stalking. La pubblica accusa ha richiamato le 75 coltellateinferte a Giulia la notte del delitto, il controllo ossessivo esercitato da Turetta, e le circa 300 comunicazioni giornaliereinviate alla giovane, per un totale di oltre 225mila interazioni registrate sul suo cellulare.
Nelle 145 pagine di motivazioni depositate l’8 aprile scorso, la Corte d’Assise aveva sostenuto che i colpi inferti non rientravano nella categoria della crudeltà, ma erano espressione dell’inesperienza del giovane assassino — un passaggio che aveva suscitato ampie polemiche.
Nella lettera con cui ha annunciato la rinuncia, Turetta parla di un “sincero pentimento”. La decisione comporterebbe l’inammissibilità dei motivi d’opposizione della difesa, ma tecnicamente il processo potrebbe comunque proseguire, qualora la Procura mantenesse interesse all’impugnazione.
Secondo diverse ipotesi, la scelta di Turetta potrebbe essere legata alla richiesta di accesso alla giustizia riparativa, una strada che ha diviso l’opinione pubblica e le parti in causa.
La prima udienza del processo d’appello resta fissata per il 14 novembre prossimo, nell’aula bunker di Mestre, davanti alla Corte d’Assise d’Appello presieduta dal giudice Michele Medici.