Il Pensiero Del Giorno. La Festa della Repubblica: Speranze e Realtà

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Il Pensiero Del Giorno. La Festa della Repubblica: Speranze e Realtà.

Si è celebrata ieri la festa della Repubblica, giorno nel quale fare un “redde rationem”, fra speranze, auspici e aspirazioni, di un paese il nostro, nel quale vigono ancora molteplici discrepanze e disparità. Un “redde rationem” che non può fare di certo a meno di ricordare l’anno infausto vissuto a causa della pandemia, della quale ad imperitura memoria rammenteremo e la speranza e l’auspicio di un futuro prospero e di rilancio. Con una campagna vaccinale che da quando ha visto insediarsi il Gen. Figliuolo quale commissario alla gestione dell’emergenza Coronavirus, viaggia ormai da tempo a pieno regime, al ritmo di circa 500mila vaccinazioni al giorno e il calo lapalissiano di contagi, ricoveri e decessi, non rimane che sperare rimarcando la primazia del Piano di Ripresa e Resilienza, il quale dovrà essere la bussola e la cartina di tornasole per il futuro del paese. Troppo ghiotta è l’occasione per farsela sfuggire. Occorre spendere bene ed oculatamente i 200 e rotti miliardi messi a disposizione, fra prestiti e non, dall’Europa. Il nostro è un paese che ha impellente bisogno di una renovatio e di riforme, quali quella del fisco e della giustizia di cui tanto in questi giorni si sta dibattendo, senza le quali lo stesso rischia di rimanere fanalino di coda in ambito Europeo. Trovare e fare sintesi fra i partiti costituenti la maggioranza non è semplice, anzi tutt’altro ma occorre ora più che mai mettersi le mani sulla coscienza alfine di trovare improcrastinabili compromessi per il bene della comunità e dell’intero paese. C’é bisogno di crescita, fiducia e ripartenza. Tre moniti inesorabili da cui ricominciare i fili del discorso, ormai interrotto da molto tempo. Queste le speranze che cozzano contro una complessa realtà troppo spesso parcellizzata al suo interno. Ma tant’è, questo è il tempo di agire senza alibi, pretesti ed interessi di parte, che minerebbero ancor di più un paese già lacerato nel suo tessuto.

Francesco Grossi

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