Intervista al regista calabrese Alessandro Grande

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Ciao Alessandro è un piacere incontrarti e complimenti per i tuoi lavori . Vuoi raccontarci come è iniziato questo approccio con il mondo dello spettacolo, e in particolare con il cinema?

Sono stato sempre vicino al mondo dell’arte. La mia carriera è iniziata facendo l’attore e ho avuto la fortuna di lavorare da subito con grandi professionisti, tra i quali mi preme ricordare Pino Michienzi e Anna Maria De Luca.  Poi la regia è stata una conseguenza, ho  studiato Lettere e Filosofia con indirizzo spettacolo all’università di Tor Vergata e come tesi di laurea nel 2006 ho realizzato e presentato un cortometraggio dal titolo “Fabietto Rispondi”, che riprendeva in chiave contemporanea “La sequenza del fiore di carta”, un lavoro del 1968 di Pier Paolo Pasolini. Da allora è iniziata questa irrefrenabile passione.

 Il lavoro con cui hai avuto una certa notorietà è stato il corto “In my prison” , presentato al ROMA FICTION FEST nel 2010 e vincitore di oltre quaranta premi.  I tuoi lavori sono improntati maggiormente sul sociale e oggi il cinema sembra prediligere la commedia, credi sia un rischio affrontare queste tematiche?

C’è bisogno di tutti i generi, anche di quello demenziale se è per questo. Il cinema è intrattenimento, ma non tutti preferisco una risata e basta. Secondo me un film deve riuscire a far riflettere magari facendo anche sorridere e coinvolgendo il pubblico.  I cortometraggi, anche se hanno una breve durata, riescono a far suscitare delle riflessioni profonde nell’animo dello spettatore, proprio come un lungometraggio. Per questo, ho deciso di trattare tematiche che non potevano non essere raccontate e renderle attraverso un linguaggio personale, più universali possibili.

 

 Quest’anno hai presento il cortometraggio “Margerita”  al Giffoni Film Festival , il pubblico ha accolto bene questo  tuo lavoro onorandoti con parecchi applausi e ottime critiche. Ti saresti aspettato anche questo successo?

Il pubblico del Giffoni Film Festival è quello più sincero, più innocente, essendo formato per lo più da ragazzi. Per cui è stata una bella prova vedere la loro reazione dopo la proiezione. Ogni lavoro è una scommessa, non si può mai avere la certezza che venga apprezzato da tutti. E’ stata una grande emozione vedere il loro entusiasmo e il continuo successo che sta riscuotendo nel mondo. Questo mi incoraggia a continuare, pur non essendo un buon periodo per chi vuole vivere facendo Cinema.

 Parlaci di Margerita

E’ una favola moderna. Il protagonista è un giovane rom e abile borseggiatore, che passa dai furti nei tram a quelli nelle case. Ma la sua prima missione non è semplice, perché ad abitare l’appartamento che il ragazzo tiene sotto controllo, c’è una bella musicista che renderà tutto molto più difficile. Questa esperienza gli cambierà la vita portandolo verso una scelta inaspettata.

 Nel cast anche Moni Ovadia e Francesca Valtorta,come è stato collaborare con loro?

Sono due professionisti e averli avuti in squadra è stata sicuramente un’esperienza formativa per me. Sono grato ad entrambi, perché hanno sposato il progetto dall’inizio e l’hanno reso speciale. Oltre a loro, ho avuto un gruppo di rom tutti non attori. E’ stato un esperimento interessante far lavorare insieme professionisti con chi non sapeva cosa significasse recitare, ha dato quel sapore di verità e credibilità che ha reso autentico questo cortometraggio.     

 In questo momento hai progetti per il futuro?

Sono impegnato con la distribuzione di Margerita nei festival, ma la scrittura non può essere controllata. Quindi, non escludo che a breve potranno esserci delle sorprese.

 Alessandro ti ringrazio per il tempo dedicatoci e un grosso in bocca al lupo per il futuro.

Grazie a voi, crepi .

 Giada Zurzolo

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cortometraggio IN MY PRISON

 

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