Medici della Fondazione Campanella:” vogliamo chiarezza su Centro Oncologico smembrato”

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Catanzaro– I dirigenti medici della Fondazione Tommaso Campanella hanno diffuso una nota nella quale chiedono alle istituzioni di “fare chiarezza su questa vicenda che ha dell’inverosimile e che comunque danneggia solo gli ammalati ed i loro parenti che restano attoniti di fronte a tale malasanità chiaramente manifesta”. I medici evidenziano che “c’è una politica bipartisan che da tanti anni studia la soluzione del problema su come chiudere la struttura, forse per privilegiare strutture private da Reggio Calabria a Cosenza, passando per Crotone e Catanzaro”. La nota è stata sottoscritta da Salvatore Merola, Domenico Ciliberto, Daniela Voci, Francesca Piccione, Antonino Restuccia, Francesco Sbano, Barbara Curcio, Roberto Romano, Vincenzo Cosco, Cristina Cosco, Carmen Cosco, Giovanna Ruggiero, Rosario Cardona, Monica Ventura, Iole Cucinotta, Francesco Grillone, Alessandro La Boria, Fabrizio Amoruso, Francesco Givigliano, Rocco Spagnuolo, Valeria Zuccalà, Francesco Conforti, Giovanni Mantegna ed Antonio Giacomelli. “Non abbiamo più parole – aggiungono – per la continua odissea della Fondazione Tommaso Campanella. Non abbiamo più parole mentre vediamo il nostro centro oncologico smembrato. Non abbiamo più parole per quello che doveva essere un sogno da regalare alla Calabria e si è trasformato nell’emblema della cattiva gestione della Sanità, che ormai è il cardine della nostra Regione e dell’Italia intera. Doveva essere il primo Centro Oncologico regionale, il fiore all’occhiello del nostro territorio e invece la mission della Fondazione è stata tormentata in ogni maniera, pagando il prezzo di un contesto regionale in cui viene calpestato perfino quello che dovrebbe essere un diritto sancito dalla costituzione e cioè il diritto alla salute. Grazie alla nostra dedizione e spirito di sacrificio e per il bene dei pazienti abbiamo sopportato ogni carico lavorativo, finanche in assenza dei supporti e degli aiuti che chi eroga sanità dovrebbe ricevere. Abbiamo pazientato, lottato, pianto, privato perfino le nostre famiglie di una vita dignitosa dati gli enormi sacrifici che ci troviamo a sostenere perché non veniamo pagati da mesi. Siamo sempre stati fiduciosi, presenti, agguerriti. Siamo scesi in piazza a manifestare, mossi come sempre da tanta disperazione e frustrazione. Siamo scesi in piazza per difendere il diritto alla salute ed i nostri meritati posti di lavoro. La conclusione è che ci stiamo spaccando la schiena senza stipendio da mesi, per mantenere attivo un ente sanitario di cui a nessuno sembra interessare nulla”.

“E lo dimostra – proseguono i medici – il recente corso che gli eventi stanno prendendo, lo dimostrano gli ultimi giorni in cui ci vengono addirittura chiesti gli elenchi nominativi dei pazienti afferenti alla struttura, per cosa? Per prepararsi a spostarli? A smistarli in altri Ospedali? Ma ci state prendendo in giro? A cosa è servita la Fondazione Campanella? Ad essere sfruttata fin quando ai centri di potere è convenuto, per poi arrivare agli sgoccioli e sentirsi dire che “i pazienti verranno trasferiti negli altri presidi della Calabria pronti ad accoglierli”. Dove sono questi presidi? Dove sono questi snelli ospedali che saranno in grado in maniera subitanea di prendersi carico delle centinaia di pazienti che afferiscono nel nostro Centro? Quando in passato in già noti momenti di crisi qualche paziente (e non parliamo di numeri consistenti, ma parliamo di un paio di persone) è stato inviato ad altro presidio per sopperire temporaneamente ad una carenza di farmaco che non poteva essere acquistato. Sono stati reinviati al mittente, sono stati reinviati alla Fondazione con una bella lettera di accompagnamento in cui si palesava l’impossibilità ad accogliere altri assistiti dato il già sovraffollamento dei reparti. Sono forse i pazienti delle pedine da smistare qui e li, senza tenere conto di una doverosa specificità di cura? Abbiamo centinaia di pazienti che ogni giorno e pur nelle difficoltà hanno ricevuto la miglior assistenza sanitaria che potesse fornire questa misera terra figlia di nessuno”.

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