Ndrangheta, arrestato boss Carmine De Stefano

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Carmine De Stefano, 47 anni, esponente di primissimo piano della omonima famiglia di ndrangheta, è stato arrestato questa mattina in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Reggio Calabria che ha ordinato il ripristino di una precedente carcerazione per associazione mafiosa e traffico di sostanze stupefacenti, dovrà scontare un residuo pena di 2 anni, 9 mesi e 28 giorni di reclusione.

Carmine De Stefano, è figlio del defunto don Paolino, ritenuto capo indiscusso della ‘ndrangheta reggina, la cui uccisione, avvenuta nell’ottobre del 1985, scatenò la seconda guerra di mafia. La latitanza del De Stefano iniziava il 03.10.1994, e successivamente, egli veniva rinviato a giudizio per i delitti di associazione mafiosa e duplice omicidio nel noto processo “Olimpia” che ha segnato una tappa storica nella lotta alla mafia reggina e condannato con sentenza della Corte di Assise di Reggio Calabria del 19.01.1999 per il solo delitto di associazione mafiosa alla pena di anni 8 di reclusione, ridotti, in Appello, a 4 anni e 8 mesi di reclusione. La latitanza del DE STEFANO, inserito nell’elenco stilato dal Ministero dell’Interno dei ricercati pericolosi, terminava in data 08.12.2001, allorché personale di questa Squadra Mobile, a seguito di un blitz, lo catturava all’interno di un appartamento del popolare quartiere Arghillà di Reggio Calabria. Il DE STEFANO Carmine era stato scarcerato, recentemente, in data 09.06.2014 per fine pena e era stato sottoposto alla Sorveglianza Speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel Comune di Reggio Calabria. Adesso, la Procura Generale della Repubblica di Reggio Calabria, a seguito di vari ricorsi, anche per Cassazione, relativi all’applicazione dell’istituto del reato continuato, all’esito dei quali si è stabilito che il DE STEFANO doveva scontare una pena rideterminata, per tre sentenze di condanna (Milano e Reggio Calabria), in 18 anni, 3 mesi e 14 giorni di reclusione e di interdizione perpetua dai pubblici uffici, ha disposto una nuova carcerazione del predetto, in virtù del calcolo tra quanto da lui finora scontato e la pena inflittagli.

 

 

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