Rizziconi. Giuseppe Ierace: La definizione di lavoro oggi è il combattere tutti i giorni in trincea

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Riceviamo e pubblichiamo

Siamo a metà del 2014 e di cambiare mentalità per quanto riguarda l’ambito lavorativo non se ne parla proprio anzi per certi versi diventa quasi di rito dare un colpo di grazia a quello che si può definire lavoro. Ero indirizzato a far un po’ di provviste presso il Centro commerciale mi si pone davanti una vecchia amica e compagna d’istituto, fatti i saluti abbiamo iniziato a discutere della piaga più acuta da sempre che sarebbe avere un impiego,ma non basta dire lavorare perché di là si forma una didascalia di piccoli soprusi che ti portano sempre ad avere un immagine agghiacciante a dir poco; di poter portare un sussidio verso le mura comuni. La problematica è da sempre persistita di dover mettere alle corde sempre il minuscolo quasi antipatico lavoratore che ne dovrà  pagare  sempre le spese da ore massacranti di 8 a 10  di lavoro senza avere neanche il riposo settimanale e le sorprese non mancano quello di percepire 600eu di retribuzione per una tipologia di lavoro che va dalla gestione della contabilità al fissare degli appuntamenti dei clienti alla gestione del magazzino e chi ne ha più ne metta.

Sarebbe di buon auspicio che buona parte dei datori di lavoro che si prefiggono di aprire una nuova gestione di azienda cerchino di mettere in condizioni più agiate i vari dipendenti mettendosi loro nei panni di chi svolge turni massacranti conseguentemente portato ad essere quasi escluso dalla vita sociale perché succube del lavoro imposto da altri che non hanno nessuna considerazione e lucrano anche sulle spalle altrui. Dico che un azienda debba pure partire ma dato che il regime imposto nel contesto e parliamo nella provincia di Reggio Calabria esattamente nella Piana di G. Tauro dove c è un bacino d’utenza di 50000 persone è quasi una moda sottopagare: Tipico in quel negozio gli danno 400eu ma perché?Qual è la motivazione?.Se non va l’attività si chiude cosi almeno ancora potranno avere rispetto quei lavoratori verso un Datore che è costretto a chiudere perché non ha ricavi sulle vendite e non il contrario perché guadagna bene però abbassa la retribuzione e la contribuzione per arraffare altri gruzzoletti che fanno molto più comodo a lui invece potrebbero rendere più dignitosa la vita a chi si reca ogni giorno al lavoro credendoci in quello che fa mettendoci la passione e la voglia di fare bene scongiurando  almeno per una volta che il lavoro non venga considerato una battaglia per la sopravvivenza

Rappresentante Legale  Associazione Urmig Giuseppe Ierace

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