Rosarno, dopo l’incendio i cittadini del rione San Leonardo lanciano l’allarme: si respira polvere di morte

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Dopo l’incendio avvenuto a Rosarno (Reggio Calabria) che ha parzialmente distrutto una azienda produttrice di vernici, i cittadini residenti nelle zone adiacenti hanno inviato una nota stampa con la quale evidenziano tutte le loro paure e preoccupazioni per le cause che l’evento potrebbe produrre.

“Domate le fiamme e cessati gli scoppi, ciò che rimane dell’incendio che la scorsa notte ha divorato il colorificio “Ivea Vernici” di Rosarno, è l’enorme pericolo per la salute dei cittadini rosarnesi, ed in particolare di coloro che risiedono nei pressi del capannone andato distrutto.

Le fiamme, infatti, hanno fatto letteralmente esplodere gran parte del tetto di eternit che ricopriva il capannone stesso, i cui detriti si sono proiettati nei giardini e sui balconi delle abitazioni circostanti.

Ma ciò che più spaventa sono le polveri di amianto (la cui liberazione è resa agevole dalla rottura dei pannelli di eternit che ricoprivano il colorificio) che si sono propagate (e continuano a propagarsi) per l’intero Rione San Leonardo.

Le polveri di amianto, infatti, sono state ritenute dalla comunità scientifica come causa di “asbestosi” e di una grave forma di cancro, il mesotelioma pleurico, malattie con un periodo di incubazione che va dai 15 ai 30 anni; tanto che, sia lo Stato italiano, sia l’Unione Europea, ne hanno da tempo proibito la produzione e l’utilizzo.

Quella che si respira al Rione San Leonardo, dunque, è polvere di “morte”.

Alle ceneri di amianto si aggiungono, peraltro, i fumi nocivi delle sostanze utilizzate nel colorificio. 

Gli stessi Vigili del Fuoco, che nella mattinata di oggi hanno effettuato un sopralluogo nelle rovine del capannone e nelle abitazioni adiacenti, hanno consigliato alle famiglie che risiedono nei pressi del colorificio, di abbandonare le proprie abitazioni o, in alternativa, di non uscire di casa sino a quando l’area non sarà bonificata.

Gli alberi e le piante dovranno essere estirpate; e gli orti domestici non potranno essere coltivati per almeno 10 anni.

Una vera e propria emergenza ambientale e per la salute dei cittadini interessati, i quali attendono con ansia i necessari interventi delle istituzioni competenti, nella speranza di non dover rivivere nuovamente l’incubo del cancro.   “

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