Rosarno, sequestro di persona. Assolto Cacciola Vincenzo

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La Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria (Pres. Dott. Lucisano, rel. Dott.ssa Asciutto), in accoglimento delle conclusioni rassegnate dagli avv.ti Mario Santambrogio e Domenico Malvaso, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento della Suprema Corte di cassazione, ha assolto Cacciola Vincenzo, da Rosarno, dal reato di sequestro di persona, rideterminando la pena in anni 4 di reclusione.

 Cacciola Vincenzo era stato arrestato, unitamente ad altri suoi stretti familiari, nell’ambito dell’Operazione di Polizia c.d. “MAUSER”, coordinata dalla direzione  distrettuale antimafia di Reggio Calabria, con le imputazioni di riduzione in schiavitù, maltrattamenti in famiglia  e sequestro di persona in danno di Multari Giuseppina, da qualche anno divenuta collaboratrice di giustizia.

 Secondo l’ipotesi accusatoria, alcuni componenti della famiglia Cacciola,  dopo il suicidio di Cacciola Antonio, marito della Multari, avrebbero sottoposto quest’ultima a continue vessazioni e privazioni della libertà che le avrebbero impedito anche di poter liberamente esercitare la potestà genitoriale sui figli minori.

 A conclusione del giudizio di primo, celebrato dinanzi alla Corte di Assise di Palmi, il Cacciola veniva assolto dal reato di riduzione in schiavitù e condannato alla pena di anni 6 per i delitti di maltrattamenti in famiglia e sequestro di persona , aggravati dall’uso del metodo mafioso.

 La sentenza veniva confermata dalla Corte di Assise di Reggio Calabria, ma la Corte di Cassazione, V^ sezione penale, in parziale accoglimento del ricorso avanzato dagli avvocati Santambrogio e Malvaso, annullava l’impugnata sentenza in ordine al reato di sequestro di persona condividendo le doglianze difensive in ordine all’erronea applicazione delle norme  sul concorso di persone nel reato collettivo; disponeva, pertanto, il rinvio degli atti ad altra sezione della stessa Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria per un nuovo giudizio.

 La Corte di Assise di Appello, giudicando alla luce dei principi di diritto sanciti dal giudice di legittimità, condivideva le conclusioni rassegnate dai difensori del Cacciola e, per l’effetto, pronunciava sentenza di assoluzione dal delitto di sequestro di persona “ per non aver commesso il fatto” rideterminando la pena inflitta ad anni 4 di reclusione. 

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