Nesci: in Calabria di sanità si muore

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Come in Grecia in Calabria si muore per carenze nella sanità. Qui politica e ‘ndrangheta hanno rovinato il sistema, ma è anche colpa del peso dell’euro, che ha ridotto casse e reparti. – Ad affermarlo è la deputata del Movimento Cinque Stelle Dalila Nesci.

“La sanità della Calabria prima del 2010 aveva un bilancio di 3,6 miliardi all’anno. Nei successivi quattro anni sono stati tagliati 400 milioni. Dei fondi destinati alla sanità regionale il 70% se ne vanno in stipendi, il resto in altri capitoli di spesa. Sapete quanto resta per gli investimenti? Zero. Tutto questo a causa della necessità di raggiungere il pareggio di bilancio. Si tratta di un paradosso suicida, perché senza investimenti non ci sono possibilità di tornare a crescere.

Dal momento che le strutture sanitarie della Calabria troppo spesso non sono in grado di garantire i servizi necessari ai suoi cittadini, la Regione sborsa ogni anno somme ingenti per consentirgli di andarsi a curare all’estero. Il saldo tra questi fondi e quelli che entrano nelle casse calabresi grazie ai cittadini che vanno a curarsi sul suo territorio è pesantemente negativo: -250 milioni all’anno.

All’ospedale di Corigliano (Cosenza) per un ecocardiogramma occorre un anno d’attesa e in Pediatria manca perfino la tachipirina. A Polistena (Reggio Calabria) un caposala mi confessa che addirittura non hanno i soldi per sostituire le maniglie delle porte. All’ospedale di Crotone il laboratorio analisi, la cui ristrutturazione è ferma da anni, sembra uno scantinato. A Serra San Bruno (Vibo Valentia) hanno in dotazione una sola ambulanza, per cui in caso d’incidente stradale che coinvolga più persone il medico deve scegliere chi caricare a bordo e chi lasciare a terra.

In questo angolo di Sud è perfino un problema far nascere un figlio. Infatti, le terapie intensive neonatali sono state ridotte drasticamente e per le emergenze mancano posti negli ospedali hub. Noi del M5S gli unici a lottare per la giustizia, a denunciare, a chiedere che le autorità intervengano per arginare il crollo di un sistema al collasso, schiacciato da tagli, clientele e illegalità.

Per cercare di tamponare l’emorragia in questi anni in Calabria si si sono succeduti diversi commissari, che hanno solo tagliato posti letto e risorse, dimostrando che la politica dell’emergenza non risolve i problemi alla radice né gli sprechi.

Passano gli anni, cambiano i commissari e continuano i tagli. Il sistema clientelare della politica resta lì, immutabile, come nulla fosse.

Un esempio per tutti: recentemente è stato riattivato il punto nascite all’ospedale di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria), nonostante fosse stato chiuso a seguito di precise e pressanti disposizioni ministeriali. Come mai questa decisione allora? Forse c’entra che Melito Porto Salvo è tra i feudi elettorali di Nico D’Ascola, nel 2014 candidato alla presidenza della Calabria con Ncd, il partito del ministro Lorenzin?

Qui i conti, oltre a essere in rosso, sono anche pazzi e fuori di ogni controllo. Lo scorso anno dall’Asp di Reggio Calabria sono usciti 393 milioni di euro senza che vi siano le relative tracce. Non bastasse, manca anche la certificazione ufficiale dell’andamento del debito, che spetterebbe al revisore Kpmg, pagato 3 profumati milioni all’anno. Quasi quattrocento milioni scomparsi nel nulla e nessuno, a parte noi del MoVimento, che abbia alzato un dito contro procedure che di legale non hanno nulla.

Infine, sempre a Reggio Calabria, troviamo lo scandalo “d’eccellenza” della sanità calabrese: il Centro Cuore con la Cardiochirurgia. Una struttura nuova di zecca, pronta per da tre anni ma non ancora aperta; anche, forse, per una storia di conflitto d’interessi nella vecchia direzione generale, dove c’era l’amministratore di una società privata di diagnostica. Il danno erariale, stimato dalla Guardia di Finanza, è di 40 milioni, il danno umano invece è incalcolabile. Oggi in tutta la Calabria esistono due soli altri reparti di cardiochirurgia e si trovano entrambi a Catanzaro.

Adesso il tempo delle vacche da mungere in Calabria è finito, insieme ai soldi. Per il crollo definitivo della sanità è solo questione di tempo e la Grecia non è mai stata così vicina.”

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