Gioventù Controcorrente ricorda Almerigo Grilz

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Riceviamo e pubblichiamo

Per chi lo ha conosciuto e per le testate giornalistiche e televisive con le quali ha collaborato, italiane ed estere, ALMERIGO GRILZ era uno straordinario inviato di guerra, sempre pronto a documentare con passione e coraggio la tragedia delle guerre, la brutalità umana e la sofferenza di tanti popoli oppressi e dimenticati negli angoli più lontani e maledetti della terra.

 

 Era stato Segretario del Fronte della Gioventùdi Trieste e vice-Segretario nazionale della stessa organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano, passione politica condivisa anche dai suoi amici fraterni Fausto Biloslavo e Gian Micalessin. Per i tre prevalsetuttavia l’impegno giornalistico che li portò a fondare l'”Albatross Press Agency”.

 

Cominciarono a documentare l’invasione israeliana del Libano, poi venne l’Afghanistan e la lotta dei mujaheddin contro le truppe dell’Armata Rossa che nel 1979 avevano invaso quel Paese. Ma pochi sembravano interessati a scrivere di quella guerra contro l’impero sovietico o, forse più semplicemente, non c’era inviato o reporter all’altezza, a parte pochissime eccezioni, che avesse il coraggio di salire montagne e passare valichi a dorso di mulo, insieme ad un esercito di straccioni,rischiando di finire nelle mani dei russi. Ci provarono Almerigo, Fausto e Gian, con straordinario coraggio e passione, dividendo con i “combattenti per la libertà” afghani i pericoli, la fame e le estenuanti marce sulle montagne. Il reportage che fecero fu trasmesso dalla CBS, una delle grandi reti televisive americane. Tre ventenni di Trieste avevano fatto uno scoop mondiale che spalancherà loro le porte dei più importanti network tv e dei piùfamosi giornali stranieri.

 

 Continuando la sua collaborazione con la CBS, Almerigo, nel 1984, documenta il conflitto tra la guerriglia cambogiana e le truppe governative appoggiate dal Vietnam; fanno il giro del mondo i suoi servizi dal confine birmano – thailandese, dove divampa la guerra tra la minoranza etnica Karen e le truppe di Rangoon. I suoi articoli vengono pubblicati in Italia da Avvenire, Panorama, Il Sabato, Rivista Italiana Difesa; in Gran Bretagna dal The Sunday Times e dall’IHS Jane’s Defence Weekly; in Francia dal settimanale L’Express.

 

Nel 1985 racconta, sempre per la CBS, la guerra tra Iran e Iraq e realizza un approfondito reportage sul regime sciita iraniano. Qualche mese dopo è in Angola alseguito dei guerriglieri dell’Unita; nel 1986 è nelle Filippine per seguire, su incarico della rete televisiva statunitense NBC, l’attività dei ribelli comunisti durante le elezioni che porteranno alla caduta del regime di Ferdinand Marcos.

 

Nel frattempo collabora con il TG1, con la televisione di stato tedesca NDRC, con Antenne 2; nella primavera del 1986 è il primo giornalista a realizzare un reportage al seguito dei guerriglieri della Renamo in Mozambico; in Etiopia racconta le vicende dei guerriglieri Orono impegnati nella lotta contro il regime di Menghistu.

 

Nel 1987 ritorna in Mozambico al seguito della Renamo. È il suo ultimo reportage. All’alba del 19 maggio cade colpito a morte da una pallottola alla nuca mentre filma uno scontro a fuoco tra gli anticomunisti della Renamo e i governativi rossi della Frelimo nella città di Caya. Muore così forse il più grande reporter e giornalista italiano, il primo caduto sul campo di battaglia dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Aveva appena 34 anni.

 

 A 27 anni dalla sua scomparsa l’anima di Almerigo vive nel libro ricordo “Gli Occhi della Guerra”, un racconto bellissimo per immagini voluto e pubblicato dai suoi amici e colleghi Fausto Biloslavo e Gian Micalessin e la cui Mostra Fotografica ha fatto tappa, tra le prime città in Italia, anche a Lamezia Terme, organizzata da Cantiere Laboratorio con la presenza di Fausto Biloslavo.

 

 Il nome di Almerigo è inciso sul Monumento che “Repoters sans Frontières” ha voluto dedicare a tutti i giornalisti caduti sul campo, innalzandolo sulle spiaggie della Normandia. Nonostante tutto, quando è morto, in Italia,sono stati pochi a mobilitarsi e l’Unità,giornale del Partito Comunista Italiano, parlò di “morte di un mercenario”, con largo anticipo su Fabrizio Quattrocchi in Iraq.

 

 Entrambi, Almerigo per primo, hanno saputo dimostrare al mondo come sanno vivere e morire alcuni italiani nonostante le reticenze e le amnesie del loro Paese.

 

 Vittorio Gigliotti

Presidente di “Cantiere Laboratorio”

 

 

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