Terrorismo mediatico: quando la stampa fa più danni di un virus

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Oramai si sa, il giornalista è un mestiere che difficilmente garantisce un lauto stipendio per poterci vivere. Le testate giornalistiche si reggono soprattutto sugli sponsor ed i banner pubblicitari che riescono ad inserire nei propri portali. Per tirare a campare quindi ha preso piede il fenomeno del “Clickbaiting” ovvero sensazionalismo sfrenato, ingiustificato nella maggior parte dei casi. Quale migliore occasione quindi di un’emergenza come il CoronaVirus per tirare fuori il peggio? “Sospetto caso in questo o quel luogo”, quando magari un uomo semplicemente ha fatto un tampone perché ipocondriaco, proveniente da zona a rischio o perché ha solamente accusato qualche sintomo particolare. In questo tam-tam ci si sguazza a gonfie vele, non curandosi di ciò che ne consegue, dell’allarme procurato e delle possibili reazioni. La prova di ciò sono le miriadi di commenti che le testate ricevono dagli utenti dopo che la notizia viene smentita: insulti di ogni tipo, rabbia e delusione. Ma tanto cosa importa? Come diceva qualcuno “Show Must Go On” e quindi ci si becca al prossimo caso sospetto. In questo caso sarebbe opportuno che gli organi che debbono vigilare su tutto ciò si facessero sentire, perché oramai tramite i nuovi mezzi di comunicazione le notizie fanno il giro in fretta, danneggiando quelle comunità e quelle realtà che restano vittima del procurato allarme per qualche piccolo, sporco ed immorale Click in più.

Christian Carbone

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