Intervista a Nicola Mari – vulcanesimo e terremoti. Il rischio in Calabria

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La Calabria convive con il rischio sismico, ed i timori che una scossa possa causare distruzione e morti tornano a fare capolino dopo ogni evento tellurico che coinvolge qualche regione italiana. Dopo le vicende etnee, e gli ingenti danni in alcune zone della provincia catanese, ritorna d’attualità il dibattito sia sull’attività dei vulcani meridionali, sia dell’alto grado di sismicità in cui ricade la Calabria. E se ci rivolge indietro, proprio al 28 dicembre del 1908, non si può che ricordare, atterrititi, il terremoto devastante che rase al suolo Reggio Calabria e Messina.

Sull’argomento, di per sé molto specialistico ma evidentemente attuale, è stato sentito il giovane vulcanologo Nicola Mari. Egli, per completezza di informazione, è un geologo planetario e vulcanologo presso la University of Glasgow (UK), dove svolge attività di ricerca analizzando lava proveniente da Marte, cercando di capire la sua evoluzione come pianeta e scoprire se è ancora un mondo vulcanicamente attivo. Essendo originario calabrese, ogni volta che torna a casa, tenta di dare un contributo anche sui rischi geologici e vulcanici di questo territorio.

                                                                                                 

Visto ciò che è accaduto nel catanese, ci sono pericoli di riverberi anche in Calabria?

Quello che è successo (ed è ancora in corso) sul vulcano Etna è l’apertura di una nuova frattura eruttiva sul fianco del cratere di Sud-Est. Durante questo particolare evento, un sisma di natura vulcanica di magnitudo 4.8, che ha probabilmente mobilizzato una o più serie di faglie nelle vicinanze, ha provocato crolli di intere abitazioni nei paesi immediatamente sotto l’Etna.

L’apertura di questa nuova frattura eruttiva è chiaramente localizzata solo sul fianco dell’Etna e non è connessa in alcun modo a sistemi di faglie o sistemi magmatici in Calabria. Tra l’altro l’Etna non è connesso in alcun modo nemmeno con lo Stromboli e gli altri vulcani delle Isole Eolie, visto che sono generate da sorgenti di mantello diverse. Gli eventi che si stanno succedendo in questi giorni nel catanese non possono quindi influenzare in alcun modo la Calabria, se non per il fatto di una possibile ricaduta di ceneri provenienti dal vulcano.

 

Quanto rischia la Calabria dal punto di vista sismico?

Molto, a causa dell’area della crosta terrestre in cui è collocata. La Calabria esiste così come la vediamo per un processo chiamato subduzione, ovvero la Placca Africana (una grossa parte di crosta terrestre) sprofonda sotto la Placca Euroasiatica (un’altra grossa zolla), queste due placche (come tutte le placche terrestri) sono mosse da correnti termiche (dette correnti convettive) nel mantello terrestre, che è costituito principalmente da materiale fuso (magma). Il contatto tra queste due placche determina la presenza di tutta l’attività sismica e vulcanica che troviamo nelle zone del sud Italia.

E’ interessante notare come dopo il devastante terremoto di Reggio-Messina del 1908, che causò anche un grande tsunami, le faglie potrebbero aver raggiunto un livello di sforzo più che sufficiente per potersi riattivare e provocare un’altra scossa di magnitudo circa uguale a quella del 1908. Questo è, ovviamente, impossibile da calcolare, nessuno può prevedere un terremoto. Uno dei pochi studi che si possono fare in questo tipo di situazioni è il calcolo del tempo di ritorno, ovvero tra quanto tempo dal precedente sisma del 1908 ne accadrà uno della stessa intensità. Calcoli di natura statistica definiscono i tempi di ritorno per i più grandi terremoti attorno ai 100 anni circa, se così fosse potremmo essere sul punto di un nuovo grande terremoto nella zona di Reggio-Messina. Nessuno può però confermare questo evento, sono solo ipotesi.

 

Ci potrebbe aiutare a capire meglio il mistero che circonda il vulcano sottomarino Marsili?

Certamente, credo di essere uno dei pochissimi scienziati che se ne sta occupando da un po’ di anni, assieme a colleghi ricercatori di Napoli. In particolare, mi sto focalizzando sul rischio tsunami legato ad un possibile distacco di un fianco di questo vulcano sottomarino, come anche sul rischio percepito dalla popolazione di tutto il Sud Italia.

Il Marsili è il vulcano sottomarino più grande d’Europa, ed è ancora attivo. E’ localizzato a circa 500 metri di profondità (fa parte dell’arco vulcanico delle Isole Eolie), quindi una sua futura eruzione di per sé non sarebbe in grado di generare uno tsunami, per via della grande profondità alla quale si trova. Come detto sopra, è il possibile collasso di un fianco del vulcano a generare paura – soprattutto perché i processi idrotermali indeboliscono i suoi fianchi rendendo assai verosimile un futuro distacco.  Un’eruzione, a sua volta, potrebbe aiutare ad innescare l’equazione “collasso del fianco = tsunami”. Da alcuni miei studi, ho calcolato che questo tsunami, una volta generato, arriverebbe fino alle coste campane e, in particolare, colpirebbe le coste calabresi in un tempo di circa 20-25 minuti. Ulteriori studi, attività di divulgazione/preparazione e installazione di sistemi di allerta tsunami sulle spiagge sarebbero quindi necessari. Purtroppo studiare i vulcani sottomarini è una cosa davvero complicata e costosa, ed è un campo abbastanza oscuro della vulcanologia.

Fermo restando che i terremoti non sono preventivabili, il territorio reggino ha le qualità per reggere, oppure le risulta che le costruzioni, negli anni, non abbiano rispettato alcun dettame rispetto alla normativa antisismica?

Non mi occupo di ingegneria, ma ciò che vedo nei nostri paesi non fa pensare a bene – la maggior parte degli edifici, soprattutto nei paesi più piccoli, sono strutture di livello storico. Oltre a ciò, non credo che tutte le moderne abitazioni rispettino le norme antisismiche, come nemmeno che dopo il terremoto del 1908 siano improvvisamente apparsi edifici anti-sismici.

Se, in futuro, saremo colpiti da un grande terremoto con magnitudo 6.5 o simile a quello di Reggio-Messina del 1908, assumendo un vicino epicentro ed un ipocentro poco profondo, molto probabilmente una buona percentuale delle presente abitazioni andrà distrutta. La cosa più importante in questi casi, comunque, è avere bene in mente come comportarsi all’arrivo di un prossimo grande terremoto in Calabria. In questi casi, i rischi per la popolazione sono maggiori all’aumentare della disinformazione riguardo il fenomeno in atto e dei comportamenti da tenere durante l’emergenza. Attività di divulgazione del rischio e preparazione in caso di emergenza sismica dovrebbero quindi essere seriamente presi in considerazione.

La Calabria convive con il rischio sismico, ed i timori che una scossa possa causare distruzione e morti tornano a fare capolino dopo ogni evento tellurico che coinvolge qualche regione italiana. Dopo le vicende etnee, e gli ingenti danni in alcune zone della provincia catanese, ritorna d’attualità il dibattito sia sull’attività dei vulcani meridionali, sia dell’alto grado di sismicità in cui ricade la Calabria. E se ci rivolge indietro, proprio al 28 dicembre del 1908, non si può che ricordare, atterrititi, il terremoto devastante che rase al suolo Reggio Calabria e Messina.

Sull’argomento, di per sé molto specialistico ma evidentemente attuale, è stato sentito il giovane vulcanologo Nicola Mari. Egli, per completezza di informazione, è un geologo planetario e vulcanologo presso la University of Glasgow (UK), dove svolge attività di ricerca analizzando lava proveniente da Marte, cercando di capire la sua evoluzione come pianeta e scoprire se è ancora un mondo vulcanicamente attivo. Essendo originario calabrese, ogni volta che torna a casa, tenta di dare un contributo anche sui rischi geologici e vulcanici di questo territorio.

                                                                                                 

Visto ciò che è accaduto nel catanese, ci sono pericoli di riverberi anche in Calabria?

Quello che è successo (ed è ancora in corso) sul vulcano Etna è l’apertura di una nuova frattura eruttiva sul fianco del cratere di Sud-Est. Durante questo particolare evento, un sisma di natura vulcanica di magnitudo 4.8, che ha probabilmente mobilizzato una o più serie di faglie nelle vicinanze, ha provocato crolli di intere abitazioni nei paesi immediatamente sotto l’Etna.

L’apertura di questa nuova frattura eruttiva è chiaramente localizzata solo sul fianco dell’Etna e non è connessa in alcun modo a sistemi di faglie o sistemi magmatici in Calabria. Tra l’altro l’Etna non è connesso in alcun modo nemmeno con lo Stromboli e gli altri vulcani delle Isole Eolie, visto che sono generate da sorgenti di mantello diverse. Gli eventi che si stanno succedendo in questi giorni nel catanese non possono quindi influenzare in alcun modo la Calabria, se non per il fatto di una possibile ricaduta di ceneri provenienti dal vulcano.

 

Quanto rischia la Calabria dal punto di vista sismico?

Molto, a causa dell’area della crosta terrestre in cui è collocata. La Calabria esiste così come la vediamo per un processo chiamato subduzione, ovvero la Placca Africana (una grossa parte di crosta terrestre) sprofonda sotto la Placca Euroasiatica (un’altra grossa zolla), queste due placche (come tutte le placche terrestri) sono mosse da correnti termiche (dette correnti convettive) nel mantello terrestre, che è costituito principalmente da materiale fuso (magma). Il contatto tra queste due placche determina la presenza di tutta l’attività sismica e vulcanica che troviamo nelle zone del sud Italia.

E’ interessante notare come dopo il devastante terremoto di Reggio-Messina del 1908, che causò anche un grande tsunami, le faglie potrebbero aver raggiunto un livello di sforzo più che sufficiente per potersi riattivare e provocare un’altra scossa di magnitudo circa uguale a quella del 1908. Questo è, ovviamente, impossibile da calcolare, nessuno può prevedere un terremoto. Uno dei pochi studi che si possono fare in questo tipo di situazioni è il calcolo del tempo di ritorno, ovvero tra quanto tempo dal precedente sisma del 1908 ne accadrà uno della stessa intensità. Calcoli di natura statistica definiscono i tempi di ritorno per i più grandi terremoti attorno ai 100 anni circa, se così fosse potremmo essere sul punto di un nuovo grande terremoto nella zona di Reggio-Messina. Nessuno può però confermare questo evento, sono solo ipotesi.

 

Ci potrebbe aiutare a capire meglio il mistero che circonda il vulcano sottomarino Marsili?

Certamente, credo di essere uno dei pochissimi scienziati che se ne sta occupando da un po’ di anni, assieme a colleghi ricercatori di Napoli. In particolare, mi sto focalizzando sul rischio tsunami legato ad un possibile distacco di un fianco di questo vulcano sottomarino, come anche sul rischio percepito dalla popolazione di tutto il Sud Italia.

Il Marsili è il vulcano sottomarino più grande d’Europa, ed è ancora attivo. E’ localizzato a circa 500 metri di profondità (fa parte dell’arco vulcanico delle Isole Eolie), quindi una sua futura eruzione di per sé non sarebbe in grado di generare uno tsunami, per via della grande profondità alla quale si trova. Come detto sopra, è il possibile collasso di un fianco del vulcano a generare paura – soprattutto perché i processi idrotermali indeboliscono i suoi fianchi rendendo assai verosimile un futuro distacco.  Un’eruzione, a sua volta, potrebbe aiutare ad innescare l’equazione “collasso del fianco = tsunami”. Da alcuni miei studi, ho calcolato che questo tsunami, una volta generato, arriverebbe fino alle coste campane e, in particolare, colpirebbe le coste calabresi in un tempo di circa 20-25 minuti. Ulteriori studi, attività di divulgazione/preparazione e installazione di sistemi di allerta tsunami sulle spiagge sarebbero quindi necessari. Purtroppo studiare i vulcani sottomarini è una cosa davvero complicata e costosa, ed è un campo abbastanza oscuro della vulcanologia.

Fermo restando che i terremoti non sono preventivabili, il territorio reggino ha le qualità per reggere, oppure le risulta che le costruzioni, negli anni, non abbiano rispettato alcun dettame rispetto alla normativa antisismica?

Non mi occupo di ingegneria, ma ciò che vedo nei nostri paesi non fa pensare a bene – la maggior parte degli edifici, soprattutto nei paesi più piccoli, sono strutture di livello storico. Oltre a ciò, non credo che tutte le moderne abitazioni rispettino le norme antisismiche, come nemmeno che dopo il terremoto del 1908 siano improvvisamente apparsi edifici anti-sismici.

Se, in futuro, saremo colpiti da un grande terremoto con magnitudo 6.5 o simile a quello di Reggio-Messina del 1908, assumendo un vicino epicentro ed un ipocentro poco profondo, molto probabilmente una buona percentuale delle presente abitazioni andrà distrutta. La cosa più importante in questi casi, comunque, è avere bene in mente come comportarsi all’arrivo di un prossimo grande terremoto in Calabria. In questi casi, i rischi per la popolazione sono maggiori all’aumentare della disinformazione riguardo il fenomeno in atto e dei comportamenti da tenere durante l’emergenza. Attività di divulgazione del rischio e preparazione in caso di emergenza sismica dovrebbero quindi essere seriamente presi in considerazione.

 

Domenico Mammola

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