Truffa al Sistema Sanitario, tra gli arrestati anche il sindaco di Joppolo

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Tra i quattro arrestati nell’ambito dell’operazione denominata “Pharma bluff” c’è anche il sindaco di Joppolo Giuseppe Dato. Gli altri arrestati sono Giuseppina Scinica, 46 anni, dipendente presso la farmacia, Francesco D’Agostino, 62 anni, medico e Carmen Ferraro, 30 anni, collaboratrice del medico. Una quinta persona, di cui non sono state ancora fornite le generalità, è indagata a piede libero.

Secondo il gip, sarebbe emerso un «collaudato e condiviso modus operandi caratterizzato da un elevato livello di sistematicità e professionalità criminosa» con una precisa ripartizione dei ruoli. Giuseppina Scinica avrebbe predisposto le ricette dei farmaci «di cui gli ignari beneficiari non avrebbero mai fruito poichè non affetti da quelle patologie²; Francesco D’Agostino avrebbe invece «falsamente attestato il diritto degli assistiti all’assistenza farmacologica indicata nella ricetta», mentre Carmen Ferraro avrebbe rimosso «le fustelle dalle confezioni dei farmaci» apponendole «nel riquadro delle ricette facendo apparire di aver venduto i medicinali ai clienti laddove provvedeva invece a disfarsene». Giuseppe Dato avrebbe infine inoltrato le prescrizioni all’Asp di Vibo per farsi corrispondere «indebitamente i rimborsi di quanto speso per l’acquisto dei farmaci», disfacendosi poi degli stessi farmaci.

 

In pratica i quattro operavano così: la farmacia erogava i farmaci ai propri assistiti senza prescrizione medica, mentre la regolarizzazione avveniva solo in un secondo momento tra medico e farmacista. In questa fase le ricette venivano liberamente “gonfiate”, mediante l’applicazione di uno o più bollini autoadesivi; il passo conclusivo consisteva nel disfarsi delle confezioni ingannevolmente commercializzate che finivano con l’essere abbandonate non senza aver prima rimosso il loro contenuto dalla scatola. In ultimo il farmacista si adoperava per richiedere i rimborsi all’Azienda Sanitaria Provinciale di Vibo Valentia relativamente a farmaci che non erano mai giunti nelle mani degli assistiti.

 

Nelle indagini emergono altresì inquietanti telefonate nelle quali alcuni degli indagati prendendosi gioco dei pazienti defunti ironizzavano con frasi del tipo “Abbiamo perso un altro paziente”, oppure “Mannaia, ci stanno morendo tutti i pazienti”.

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